Ma gli Internet Blocking Productivity Software, i programmi creati per bloccare l’accesso alla email e ai propri profili sui social network, funzionano davvero? «Si tratta di palliativi — spiega Luciano Floridi, filosofo e membro eletto della British Computer Society — interessanti più come segnali di unmalessere che come soluzioni». Nella nostra relazione con gli oggetti tecnologici dovremmo, invece, ispirarci ai musicisti, i quali, suggerisce ancora Linda Stone, «non vanno in apnea mentre suonano. Lo strumento non è solo una protesi fisica, ma una parte della loro stessa essenza». Solo così, pensando al computer come parte integrante della nostra identità potremmo imparare a usarlo meglio e ad affrontare il timore più tipico del nostro tempo: la Fomo — fear of missing out. La paura, cioè, di perderci qualcosa e di essere esclusi dalle nostre cerchie di relazioni.

«Ciò che è nuovo genera incertezze e timori — continua Floridi — ma anche curiosità e speranze. Una novità alla quale dobbiamo ancora abituarci è proprio quella del Fomo, un timore strettamente connesso, in termini economici, all’opportunity cost, il costo causato dal mancato sfruttamento di un’opportunità».

Internet, pc e smartphone, insomma, ci fanno scoprire il mondo ma anche percepire quello che stiamo perdendo. Così andiamo in ansia. «La Fomo diventa Como, certainty of missing out — spiega Floridi —. E alla Como non c’è rimedio, se non un po’ di intelligenza e saggezza nell’accettare i costi». Al «male digitale», insomma, non c’è «soluzione digitale», ma solo umana. «Il problema non è la tecnologia in sé — spiega alla “Lettura” Alex Soojung- kim Pang, ricercatore del Peace Innovation Lab dell’Università di Stanford e del Microsoft Reasearch di Cambridge — ma il modo in cui sono progettate certe tecnologie, spesso in maniera povera, non stimolante. E sono così usate con superficialità».



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A quote saved on March 16, 2014.

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