Gli spazi di convivenza, infatti, sono dei fragili prodotti culturali edificati da culture specifiche che si esprimono in consuetudini, modi di fare, regole di comportamento, forme di correttezza e di cortesia. L’arrivo in massa di persone ostili a questi ecosistemi sociali può portare rapidamente alla loro dissoluzione. Le comunità locali hanno dunque tutto il diritto di proteggere i propri habitat impedendo l’invasione da parte quei gruppi di persone incompatibili sul piano culturale. Occorre comprendere che ciò che caratterizza una società libera non è una determinata costituzione o legislazione, ma una cultura, condivisa intimamente dalla grande maggioranza degli abitanti, che rispetta l’individuo, la sua libertà e la sua proprietà.
Una società libera può esistere solo quando le persone sono convinte, nella profondità del loro animo, che la libertà individuale è il bene supremo, che la proprietà privata è sacra e inviolabile, che ognuno è responsabile delle proprie azioni e del proprio destino, che vivere alle spalle degli altri o mantenuti dalla società è disonorevole. In ultima analisi, le leggi o le costituzioni scritte di un paese contano poco o nulla. Ciò che contano sono i principi e i valori vissuti dalle persone nella loro vita quotidiana, trasmessi come esempi alle nuove generazioni, rinforzati dalla pratica costante, protetti dallo stigma sociale per i trasgressori. Non sono dunque sufficienti, per risolvere i problemi legati all’invasione di popolazioni aliene, delle riforme economiche e politiche strutturali che trascurino gli aspetti culturali. Se anche venisse abolito completamente il welfare-state, l’afflusso incontenibile di persone provenienti da paesi con culture illiberali determinerebbe ben presto il ripristino di nuove forme di parassitismo e di socialismo.