La vittoria del fronte per l’uscita dall’Europa, va ricordato, è l’espressione della sovranità popolare di una nazione e non la decisione di un gruppo di politici, quindi andava evitata con la politica, non con le minacce, e adesso va rispettata e gestita secondo le regole per evitare il peggio, non solo per chi se ne vuole andare ma soprattutto per chi resta. Ma il bullismo politico sembra essere l’unico strumento che Bruxelles conosce, lo abbiamo toccato con mano più di una volta durante la crisi del debito sovrano e in particolare dopo il referendum greco. Questa volta però non funzionerà non solo perché il Regno Unito non è la Grecia – che sfidando l’Unione rischiava la paralisi monetaria – ma anche perché la Brexit è arrivata dopo cinque anni di crisi irrisolte. Il clima in Europa è cambiato, i paesi del nord sono meno propensi a farsi governare da individui non eletti e una buona fetta dei 500 milioni di europei è stanca di questo teatrino. Se l’Unione vuole salvare il progetto europeo deve cambiare e lo deve fare iniziando a rispettare la volontà dei popoli che ne fanno parte. E per farlo bisogna cambiare, prima di tutto, chi guida la Commissione. Se ciò non avviene, altre Nazioni seguiranno la strada intrapresa dal Regno Unito. Una settimana triste, dunque, per tutta l’Europa che ci ha paradossalmente ricordato quelle ostilità che l’idea dell’unione dei popoli europei voleva distruggere.