Come tutti quelli che sognano e ricordano i loro sogni, anche F. era spesso rimasto interdetto davanti a quella opacità,  quel mutismo da mimi che, in genere, le immagini oniriche oppongono ai nostri tentativi di comprenderle. Ma tale mutismo dei sogni, pensò F., è forse solo l’effetto di una sordità che affligge la mente nei confronti  del linguaggio simbolico, soprattutto quando essa ritorna allo stato di veglia. Non vi sarebbe perciò un’insuperabile discontinuità o incomunicabilità di piani della nostra psiche. In effetti, come questa sconvolgente esperienza sembrava indicare a F., sussisteva una profonda continuità dell’animo umano e una pervietà che ne metteva internamente in comunicazione le due dimensioni, quella conscia e quella inconscia. L’immagine onirica aveva oscuramente anticipato l’immagine simbolica, la quale, a sua volta, per una felice casualità, nello stato di veglia aveva dato il via alla decifrazione del senso del sogno. Dunque, dal sogno alla veglia e ritorno. D’altra parte, era anche vero che la luce chiarificatrice dell’immagine simbolica, come la luce della luna quella del sole, non emanava direttamente da essa ma rifletteva ancora, a ritroso, la memoria dell’esperienza del sogno. Dunque, dalla veglia al sogno e ritorno, uno stretto intreccio tra capacità interpretativa della memoria cosciente e l’allusività simbolica della memoria incosciente. Ecco allora quella che F. definiva una consequentia davvero mirabilis della nostra vita psichica: si può risalire la via degli inferi solo percorrendola in direzione contraria, come via che vi discende.



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A quote saved on April 24, 2016.

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