chi era il professor Fazel? che significato ha avuto per lui il tragico destino al quale egli è andato incontro? Si tratta forse di un uomo che amava profondamente la vita, un condannato a morte, una vittima recalcitrante; oppure del suo esatto contrario, un uomo che per odio alla vita si è dato la morte in modo tortuoso ma del tutto premeditato e volontario, insomma una specie di suicida - oso appena pronunciare il termine - “metafisico”, alla Kirillov, per intenderci? Oppure ancora, un uomo in disaccordo con se stesso, la contraddizione dell’uno e dell’altro insieme? Senza molta convinzione, propendo per quest’ultima soluzione. A mio modo di vedere, si tratta di una personalità dalla natura instabile, non ben equilibrata, che certamente sapeva riconoscere l’insensatezza del mondo, ma poi non ha avuto la coerenza o il coraggio di fermarsi di fronte al silenzio della ragione (il vero Mistico!) e riconoscere che, come dice bene il filosofo, “questo mondo è tutto ciò che si può dire ed è tutto il possibile”. In preda alla disperazione ma dotato di fervida immaginazione, il professor Fazel ha cercato vane scappatoie nella sfera dell’irrazionale, in ciò che trascende l’umano, e perciò nell’impossibile, elaborando una sorta di personale misticismo di ascendenza neopagana.



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