Un'altra faccia, prima nascosta, uscì fuori contorcendosi e dimenandosi, come se volesse fuggire. Sembra che sappia che io posso vederla, e che non lo sopporti. Ecco cosa non sopporta, pensò Rachmael. La faccia interna, emergendo dalla grigia maschera chitinosa spaccata, cercò di ripiegarsi su se stessa, tentò energicamente di avvolgersi nel proprio tessuto semifluido. Una faccia flaccida, bagnata, fatta di mare, gocciolante, e nel medesimo tempo fetida; Rachmael sentì il suo acre odore salmastro, ed ebbe la nausea. La faccia oceanica possedeva un unico occhio composto. Sotto il becco. E quando aprì la bocca sdentata, l'ampiezza della cavità divise completamente la faccia; la bocca scisse la faccia in due parti uguali separate. — Esse homo bonus est — disse Rachmael, e si chiese frastornato come mai un'affermazione semplice quale "Essere un uomo è bello1' suonasse così strana alle sue orecchie. — Non homo video — disse allora alla faccia marina scissa. — Atque malus et timeo; libere me Domini. — Quello che aveva di fronte non era un uomo, non era una faccia umana, era qualcosa di negativo e spaventoso. E lui non poteva fare nulla; non poteva smettere di vedere la faccia, non poteva allontanarsi, e la faccia non se ne andava, non sarebbe mai andata via perché il tempo si era fermato e non c'era possibilità di cambiamento: la creatura che aveva di fronte lo avrebbe guardato in eterno, e lui avrebbe tenuto per sé quella scoperta in eterno, senza comunicarla a nessuno perché non c'era nessuno. — Exe — disse inerme; una intimazione vana, lo sapeva, sapeva che era inutile dire alla creatura di andarsene, dato che non poteva assolutamente farlo; era intrappolata come lui, e probabilmente altrettanto terrorizzata. — Amicus sum — disse, e si domandò se la creatura lo capisse. — Sumus amici — insisté, pur sapendo che non era così; non erano amici, lui ignorava cosa fosse l'essere acquatico e da dove provenisse, e l'essere acquatico non sapeva nulla di lui... e Rachmael, nel fosco declino rossastro del tempo entrato nella fase entropica finale, sarebbe rimasto trapiantato in quel luogo davanti alla creatura sconosciuta per un milione di anni, anni segnati dal suo greve, moribondo orologio interno. E in quel grande lasso di tempo Rachmael non avrebbe mai saputo cosa significasse quella brutta creatura deforme. Significa qualcosa, si rese conto. La faccia oceanica di questa entità; la sua presenza all'estremità del tubo, nell'apertura opposta, non è un episodio allucinatorio dentro di me... è qui per una ragione; gocciola e si accartoccia nelle sue pieghe vischiose e mi fissa e vuole che io rimanga morto, vuole impedirmi di ritornare... Non è amica! pensò. O meglio, lo sapeva. Non era un'idea; era un elemento concreto della realtà esterna osservata: quando guardava la creatura notava quella caratteristica peculiare: l'ostilità era parte integrante della creatura, attributo inscindibile da essa. La creatura colava; colava e odiava nel medesimo tempo. Odiava Rachmael, e lo disprezzava: un disprezzo assoluto. Il suo occhio acquoso, stillante, lucido, sprizzava scherno. Non solo non gli piaccio, non mi rispetta nemmeno. Chissà perché? si domandò Rachmael. Mio Dio. Deve sapere qualcosa su di me, si rese conto. Probabilmente mi ha già visto prima, anche se io non l'ho mai vista. Allora capì cosa significasse tutto ciò. La creatura era sempre stata lì, fin dall'inizio.



« Una creatura disgustosa »


A quote saved on Nov. 17, 2014.

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