A chi parla questo libro? Negli anni Sessanta la hippy generation, letto Siddharta, e magari il Libro tibetano dei morti, riprese in massa questo movimento migratorio che era stato di una élite: i Ram Dass, Ginsberg, Leary tornavano a Oriente, seguendo su altre piste le tracce di quei pellegrini che li avevano preceduti nel “Pellegrinaggio alle sorgenti”, come il gandhiano Lanza del Vasto. VIAGGI legati anche alle esperienze fatte con gli allucinogeni: i sadhu con i loro grandi chilom di ganja sembravano offrire sintesi interculturali interessanti. Negli anni Ottanta ricordo un mio giovane paziente, la cui malattia nasceva da una ricerca inascoltata di senso, che cominciò ad aprirsi alla psicoterapia quando gli dissi che sì, avevo letto il Siddharta, ed era stato importante anche per me. Era un giovane nato in un ambiente povero, ostile ai libri e cercava qualcosa di diverso dal mondo gretto che rideva dei suoi problemi esistenziali. Scoprire che altri avevano e avevano avuto le sue difficoltà e le sue aspirazioni, fu mezza guarigione. Io credo che Hesse parli agli inquieti dell’anima, a chi è curioso di avventure della coscienza, a chi ama quella radicale messa in discussione di sé che è un vero viaggio, dentro e fuori.